Diritto dei dati – Il diritto alla privacy

Diritto alla riservatezza, privacy e protezione dei dati personali. Evoluzione normativa in Italia e nell’UE e terminologia di base del GDPR.

Penso che partire dal diritto alla privacy sia fondamentale proprio perché è un po’ il centro, oltre che il punto di partenza appunto di ogni discorso che riguarda la tutela e la protezione dei dati. Innanzitutto dobbiamo dire che cos’è la privacy, il concetto di privacy si è molto evoluto negli anni ed è un concetto in continua evoluzione perché ha seguito, segue e continua a seguire l’evoluzione delle tecnologie e in particolare delle tecnologie informatiche.

Il diritto alla privacy nasce in origine nell’Ottocento negli Stati Uniti, nasce nella sua concezione di diritto alla riservatezza. Quindi noi partiamo da una concezione della privacy che coincide del tutto con la riservatezza. In questo significato originario quindi stiamo andando a tutelare la sfera giuridica soggettiva personale, quella che è l’intimità della vita privata e quindi non tanto ovviamente a livello fisico, di solitudine fisica, di lasciar soli fisicamente, ma anche inteso come di evitare l’intrusione nell’intimità della vita del soggetto e quindi a difesa di quelli che sono i valori di dignità di autonomia dell’individuo rispetto appunto alla sua persona.

Questo diritto muta nel tempo perché di fronte ad una società sempre più digitalizzata, di fronte ad una società sempre più toccata dalle innovazioni del digitale e quindi da tutte le tecnologie informatiche, in qualche modo cambia e da diritto alla riservatezza in questo senso inteso passiamo ad una logica quasi più di diritto di libertà informatica. Diritto di autodeterminazione informatica, diritto di protezione rispetto ai propri dati personali. Ovviamente sempre nella logica dell’utilizzo di questi dati che ci riguardano da parte di terzi.

Perché è un contesto in cui, soprattutto grazie alle spinte del digitale, l’informazione circola in dei modi completamente nuovi rispetto al passato. Con una velocità, con una capacità di diffusione nettamente più estesa rispetto a quanto poteva avvenire prima dell’avvento delle tecnologie informatiche e quindi richiede un cambio di passo, un cambio di considerazione perché soprattutto attraverso l’utilizzo di internet, chiunque è in grado in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, di accedere a informazioni che quindi devono essere a questo punto adeguatamente tutelate. Perché chiunque può fare accesso, chiunque le può memorizzare, le può utilizzare e conseguentemente le può anche riutilizzare, può combinarle: può combinare le informazioni tra loro. E questo ha una rilevanza rispetto a quello che può emergere da questa combinazione delle informazioni e quindi dei dati personali delle persone, perché ovviamente attraverso la combinazione di diverse informazioni posso avere delle rappresentazioni virtuali delle persone e attraverso queste rappresentazioni virtuali delle persone allora le posso in qualche modo categorizzare, individualizzare rispetto ai loro gusti, alle loro preferenze, alle loro abitudini. Da qui l’originario diritto alla riservatezza come “right to be let alone” ovviamente diventa un po’ insufficiente e quindi si richiedono delle nuove forme di tutela delle persone fisiche.

Un primo momento di questo percorso si ha innanzitutto con il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (l’articolo 16), con il Trattato sull’Unione Europea (all’articolo 39) e in particolare la Carta di Nizza. La Carta di Nizza è la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che all’articolo 8 esprime la definitiva separazione tra la vecchia concezione della privacy e la nuova concezione della privacy, quindi da riservatezza a protezione del trattamento dei dati personali. Perché all’articolo 8 della Carta di Nizza viene proprio posto il diritto alla protezione dei dati personali come un diritto che ha una posizione del tutto autonoma e distinta rispetto alla riservatezza, che infatti è indicata nella Carta di Nizza l’articolo 7. Quindi abbiamo l’articolo 7 che ci parla della riservatezza e quindi del diritto alla riservatezza rispetto alla propria vita familiare e personale privata e poi l’articolo 8 invece il diritto alla privacy modernamente inteso e quindi come diritto di ogni individuo ad essere tutelato di fronte al trattamento dei dati personali che lo riguardano.

Da un punto di vista invece più strettamente di legislazione nazionale, il primo intervento italiano di riconoscimento del diritto alla protezione dei dati personali lo abbiamo nel 1996. Nel 1996 il legislatore recepisce con la legge 675 la direttiva del 1995 n.46. Quindi la prima legge italiana è la 675 del 96 di recepimento della direttiva 46 del 95 che poi è stata in un secondo momento modificata e integrata dal decreto legislativo del 2003 n. 196; quest’ultimo è quello che noi chiamiamo Codice della Privacy. La nostra principale fonte a livello nazionale che finalmente contiene norme relative al trattamento dei dati personali in una duplice ottica: non soltanto come tutela dei diritti della personalità (tutela dell’individuo in quanto tale), ma anche con un primo approccio di regolazione rispetto alla circolazione dei dati personali.

Questo aspetto è estremamente importante perché poi è al centro del regolamento del 2016, il Regolamento Europeo del 2016 n.679, che è noto con l’acronimo GDPR che sta per General Data Protection Regulation: è oggi la nostra fonte principale. Non è venuto meno il Codice della Privacy, è ancora in vigore, però è stato completamente toccato dalla presenza del GDPR. Innanzitutto una nota sulla fonte normativa: il regolamento. Siamo di fronte ad un regolamento dell’Unione Europea, il Regolamento è una fonte normativa comunitaria estremamente importante perché il Regolamento è, in quanto tale, direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Ciò vuol dire che con il Regolamento si vanno a perseguire obiettivi di uniformazione. Questo aspetto è estremamente importante perché il precedente atto normativo dell’Unione Europea era stata una direttiva (la direttiva del 1995 n. 46) e questo è un cambio anche a livello culturale estremamente importante perché la direttiva come fonte di produzione normativa europea ha una funzione diversa. La direttiva deve essere recepita negli ordinamenti nazionali. quindi serve un atto normativo del legislatore nazionale che recepisca la direttiva e le direttive non devono essere applicabili così come sono scritte, perché le direttive impongono obblighi agli Stati da un punto di vista delle finalità, ma non dal punto di vista delle modalità di perseguimento del fine. Pertanto il modo in cui si persegue la finalità può cambiare da Stato a Stato e questo è estremamente rilevante in questa materia, perché se la direttiva deve essere recepita da ogni Stato, ogni Stato, poi, ha la propria legge interna di regolazione di un certo fenomeno, in questo caso la protezione dei dati personali e ciò può condurre ad una frammentazione, frammentazione a livello comunitario può voler dire incertezza e quindi siamo di fronte poi ad un sistema che prevede delle tutele diverse in base allo Stato di appartenenza. Quindi con il Regolamento abbiamo la uniformazione del diritto e con le direttive la cosiddetta armonizzazione.

Ci si è resi conto negli anni che il progresso delle tecnologie informatiche era talmente significativo che occorreva intervenire in modo più incisivo a livello comunitario e quindi si sceglie la strada del Regolamento e il legislatore italiano ha dovuto prevedere con un decreto legislativo, il Decreto legislativo n.101 del 2018, delle norme di coordinamento tra la vecchia disciplina, quindi quella del Codice della Privacy del 2003, e la nuova disciplina del GDPR che è del 2016 ed entrato in vigore nel maggio 2018.  Quindi il decreto legislativo 101 del 2018 si è dovuto occupare di coordinare la disciplina nazionale con quella comune a tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

Un aspetto estremamente rilevante del GDPR è che il GDPR porta alla massima valorizzazione e alla massima esaltazione quel dualismo che indicavo prima con riferimento al Codice della Privacy. Perché il GDPR segue un’impostazione duale che però non va letta in una logica di contrapposizione ma invece come una complementarietà degli obiettivi che persegue: da un lato il GDPR ha come obiettivo fondamentale la protezione dell’interessato, quindi il soggetto che subisce il trattamento dei suoi dati personali, accanto c’è però quello della promozione e della tutela della circolazione dei dati. Questa promozione, questa tutela va oltre la sfera dell’individuo perché si pone più in una logica di mercato. Il mercato, l’economia attuale è strettamente fondata attorno alla circolazione dei dati e quindi automaticamente occorreva guardare non solo alla logica della persona, ma anche alla regolazione del fenomeno per come tocca gli aspetti che riguardano l’economia.

La logica diviene quindi quella di tutelare l’individuo e regolare la circolazione delle informazioni.

E quindi possiamo dire che rientra a pieno titolo in quelli che ad oggi consideriamo i diritti fondamentali delle persone, il diritto alla protezione dei dati personali. E sono dei diritti fondamentali anche se in realtà quantomeno in Italia la Costituzione non li nomina. La Costituzione italiana non fa riferimento a questa situazione giuridica soggettiva quindi a quella situazione che riguarda la necessità di proteggere i dati personali delle persone. Ovviamente la nostra Costituzione è troppo risalente e non è stata modificata di recente per introdurre questo aspetto. Benchè non ci sia una indicazione esplicita nella nostra Carta, in realtà nel momento in cui la protezione dei nostri dati personali come diritto fondamentale noi lo andiamo a considerare come un diritto che concerne la circolazione delle nostre informazioni e quindi se si parla di circolazione si parla di rappresentazione verso l’esterno della nostra personalità, cioè si parla di informazioni che ci riguardano che in qualche modo stanno uscendo dalla nostra sfera più stretta, più intima di controllo personale. Quindi in questo senso la circolazione delle informazioni va letta come una esternazione delle caratteristiche della nostra personalità e quindi inevitabilmente va a toccare quella che è la nostra rappresentazione verso l’esterno. Se parliamo di rappresentazione verso l’esterno ci stiamo configurando in una posizione di relazione verso l’esterno quindi relazione con il prossimo, sia il prossimo un’altra persona fisica, sia il prossimo un’autorità pubblica, sia il prossimo un privato che agisce nella sua dimensione di attività commerciale o professionale. E quindi se ci posizioniamo nell’ambito di una attività di relazione possiamo ricondurre questo nuovo riconoscimento del diritto alla protezione dei dati personali all’interno dell’articolo due. L’articolo due, il cosiddetto trasformatore permanente della Costituzione perché è l’articolo che permette più di tutti di adeguare la protezione delle persone rispetto alla trasformazione della società negli anni, permette anche di riconoscere una “casa” per la protezione dei dati personali anche a livello costituzionale: possiamo riconoscere a livello costituzionale interno nell’articolo due in una funzione di costituzionalizzazione. In particolare con riferimento alla Corte Costituzionale vi è una sentenza rilevante addirittura del 73 la n. 38, che è particolarmente rilevante perché ha segnato la giurisprudenza di merito e di legittimità successiva perché con questa sentenza è stato proprio riconosciuto l’inserimento della riservatezza (ovviamente nel 73 ancora non si parlava di trattamento dei dati) all’interno dei diritti inviolabili dell’uomo. Quindi questa concezione della riservatezza, della privacy come un diritto inviolabile e quindi come un valore primario del nostro ordinamento costituzionale.

Ovviamente la questione si estende nel tempo perché dalla riservatezza passiamo alla protezione dei dati personali, perché di fronte allo sviluppo tecnologico – è vero che siamo di fronte a dei fattori che ormai sono da tutti considerati come strumenti tecnologici estremamente significativi per la crescita del benessere, per il miglioramento della qualità della vita – ci si è resi conto nel tempo di quanto siano altrettanto capaci di incidere poi negativamente sulle persone, sui diritti fondamentali delle persone, in tutti quei casi in cui il trattamento dei dati delle persone non dovesse essere fatto con le opportune garanzie. Da questo punto di vista il passaggio fondamentale, il cambio di mentalità si ha principalmente con il Codice della privacy che permette appunto questo collegamento molto stretto, questo avvicinamento tra la protezione dei dati personali e i diritti inviolabili, questa concezione di inviolabilità dell’essere umano che è tipicamente costituzionale. Ciò avviene nel Codice della privacy mediante il riconoscimento del diritto alla protezione dei dati che si fonda su due principi fondamentali: il primo principio è quello cosiddetto del livello elevato di tutela, quindi il livello elevato di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, il secondo è il principio di necessità del trattamento di dati che si riferiscono ad una persona. Il Codice della Privacy del 2003 è l’innovazione da questo punto di vista, perché il precedente riferimento normativo che era la legge 675 del 96 si limitava a garantire che il trattamento dei dati delle persone, quindi il trattamento dei dati personali, si realizzasse nel rispetto dei diritti e delle libertà e della dignità delle persone fisiche. Quindi noi nel 96 parliamo di trattamento che deve essere rispettoso dei diritti appunto e delle libertà e della dignità delle persone, però è come se stessimo scindendo i due momenti, invece con il Codice della Privacy del 2003 andiamo a considerare quella stessa protezione dei dati personali come tutela dei diritti, delle libertà e delle dignità dell’individuo. Qui non sono due cose che si affiancano, ma appunto diventa un ragionamento unico.

Il primo principio che guida il codice del 2003 è il principio di elevata tutela. L’elevata tutela comporta che i poteri pubblici si devono impegnare in modo effettivo alla protezione dei dati personali. È importante questa parola impegnare perché si impone uno specifico obbligo di protezione. Quindi non è soltanto una pretesa di astenersi dal generare conseguenze negative alla sfera intima della persona, non è una logica difensiva del diritto, è una logica al contrario positiva, una logica di tutela, è una logica proattiva che impegna verso la disposizione di strumenti di tutela. Per quanto riguarda invece il secondo principio: è il principio di necessità che guida il codice della privacy. Parliamo di principio di necessità nel trattamento dei dati che si traduce nella riduzione al minimo di dati da utilizzare. Quindi la logica è che quando si svolge un’attività di trattamento dei dati personali si deve ridurre il più possibile i dati, la quantità di dati che vengono utilizzati per perseguire la finalità che il trattamento persegue. Quindi utilizzerò soltanto i dati che sono necessari a perseguire le finalità del trattamento. In questo senso capiamo un ulteriore passaggio della differenza tra la vecchia concezione della privacy, quella strettamente connessa alla riservatezza, e la nuova concezione della privacy legata al trattamento dei dati, potendo dire che con la riservatezza siamo di fronte ad un diritto dal contenuto negativo, negativo nel senso di contenuto che è rivolto alla esclusione dei terzi dall’ingresso nella nostra sfera più intima, quindi da qualsiasi ingerenza di terzi nella nostra vita privata. Quindi contenuto negativo nel senso di difensivo. Quando invece parliamo di privacy come trattamento e protezione dei dati personali, parliamo di un diritto che ha un contenuto positivo, è il diritto affinché il trattamento dei dati avvenga in modo corretto, è il dirittoaffinché chi tratta i dati segua delle regole di gestione di questi dati e che chi fornisce i propri dati abbia la possibilità di autodeterminarsi a livello informativo quindi possa autodeterminare il singolo quali, quanti e come debbano circolare i dati che lo riguardano. Quindi contenuto positivo come impegno per chi li tratta e come autodeterminazione informativa per chi subisce il trattamento.

Ora torniamo al contenuto proprio del GDPR. Ovviamente teniamo sempre a mente che il GDPR costituisce per noi il perno su cui si basa tutta la costruzione della visione europea del trattamento dei dati e dello sviluppo dell’economia digitale. Vediamo però adesso qualche aspetto fondamentale del GDPR innanzitutto dal punto di vista del lessico per capire tutta una serie di parole che che troviamo e quindi diremo innanzitutto che cos’è il dato personale. Il dato personale ci viene indicato dall’articolo 4 del GDPR al n.1, come qualsiasi informazione che si riferisca ad una persona fisica identificata o identificabile. Identificabile s’intende quella persona che può essere identificata anche in modo indiretto e quindi attraverso un nome, un numero di identificazione, uno pseudonimo, un identificativo online, oppure attraverso altri elementi del suo fisico o dei suoi geni o altri riferimenti alla sua identità dal punto di vista sociale, culturale, economico o politico, qualsiasi tipo di informazione che ci permetta poi di ricondurre quel dato, quell’informazione a una persona fisica. Quando parliamo invece di trattamento dei dati personali, sempre all’articolo 4 del GDPR, parliamo di qualsiasi operazione, quindi nella nozione di trattamento facciamo rientrare qualsiasi operazione o anche insieme di operazioni che siano applicate ai dati personali. Quindi qualsiasi attività rivolta ai dati personali: può essere un’attività di raccolta, può essere un’attività di registrazione, può essere un’attività di conservazione, un’attività di estrazione, un’attività di uso, di diffusione ma anche di modifica dei dati. Quando si svolge una o più di queste condotte allora siamo di fronte ad un trattamento dei dati. Chi è quindi il titolare del trattamento? il titolare del trattamento può essere una persona fisica, può essere una persona giuridica, un ente, oppure può essere anche una autorità pubblica, ciò che ci interessa è che il titolare del trattamento è il destinatario praticamente di quasi tutti gli obblighi contenuti nel GDPR. Il GDPR presenta un elenco particolarmente significativo di obblighi che sono rivolti proprio ai titolari sempre nella logica di protezione dei dati personali. In particolare, usando un sunto, il titolare del trattamento ha il compito di adottare tutte le misure necessarie alla protezione dei dati delle persone fisiche. La logica dell’adozione di queste misure è ovviamente quella di evitare o comunque di ridurre il più possibile i rischi che i dati vengano persi o ne vengano in possesso terzi non autorizzati. Queste misure sono rivolte al titolare, è il titolare che deve individuare quali siano le migliori modalità con cui proteggere i dati; ovviamente imponendo degli obblighi al titolare del trattamento, il legislatore, come si fa sempre nella produzione normativa, riconosce anche dei diritti all’interessato. Chi è l’interessato? Ogni volta che diremo la parola l’interessato ci stiamo riferendo alla persona i cui dati personali sono trattati. E questi diritti sono tutti diritti attraverso i quali l’interessato può controllare il flusso di informazioni che lo riguardano. In questo modo, quindi, può impedire che il trattamento dei suoi dati possa essere effettuato con modalità tali da ledere la sua sfera morale e la sua sfera personale. Quindi proprio dei diritti riguardanti il momento del trattamento io interessato ho la possibilità, attraverso il GDPR, di incidere rispetto le modalità con cui i miei dati sono trattati dal titolare: ad esempio sono riconosciuti i diritti all’aggiornamento, alcune informazioni che mi riguardano sono modificate e io le voglio aggiornare, modificare, le voglio rettificare, le voglio integrare o le voglio cancellare; non sono più disposto a che i miei dati siano nella disponibilità di un certo titolare quindi li voglio cancellare. La cancellazione dei dati personali è un riferimento importante perché il GDPR riconoscere per la prima volta anche il cosiddetto diritto all’oblio, che però è diverso dalla cancellazione, perché la cancellazione riguarda la situazione in cui i dati che io ho permesso che venissero utilizzati rispetto ad un certo fine non sono più necessari oppure non sono più io interessato a che vengano trattati da quel titolare. Il diritto all’oblio invece, riconosciuto all’articolo 17 del GDPR, è diverso perché riguarda proprio il diritto a far dimenticare informazioni, fatti, che riguardano il mio conto come interessato, quindi l’oblio come diritto a far dimenticare quando magari una certa informazione, un certo fatto non è più di interesse per la collettività e quindi voglio che non venga più fatto circolare nel senso che venga fatto dimenticare; invece la cancellazione riguarda proprio la cancellazione di dati rispetto ad uno specifico, a una specifica attività di trattamento.

Ultimo riferimento importante dal punto di vista di base del GDPR è il consenso. Il consenso è uno dei modi con cui si permette l’attività di trattamento. L’articolo 6 del GDPR fa riferimento proprio alla manifestazione del consenso dell’interessato come base giuridica per il trattamento. Quindi il trattamento da parte del titolare è permesso dal consenso dell’interessato che lo deve manifestare. Il consenso innanzitutto deve essere prestato in forma espressa, sia oralmente che per iscritto, è importante appunto che sia espresso, cioè che si sostanzi in un atto positivo idoneo a manifestare l’intenzione di asserire al trattamento. In ogni caso, la regola importante del consenso è che può essere revocato in qualsiasi momento: posso in qualsiasi momento revocarlo e non devo nemmeno dare una motivazione sulla revoca.

Quali sono però i contenuti di questo consenso? Il consenso affinché sia valido, affinché il consenso possa costituire la fonte di un trattamento di dati personali deve avere 4 caratteristiche che, ovviamente, devono sussistere contemporaneamente, non sono alternative tra loro:

  • la prima caratteristica è che il consenso deve essere inequivocabile. Inequivocabile vuol dire che l’interessato non deve avere alcun dubbio al fatto che con quel consenso permette un trattamento dei dati. Quindi l’inequivocabilità la individuiamo proprio nel nesso tra il consenso e il trattamento. Quindi quella mia manifestazione di consenso deve riguardare un trattamento dei dati personali;
  • il secondo requisito è che il consenso deve essere informato. Informato vuol dire che deve essere un consenso che sia pienamente consapevole dell’attività che verrà svolta. E quindi deve trovarsi l’interessato trovarsi di fronte ad una informativa da parte del titolare che sia comprensibile, facilmente accessibile e resa in un linguaggio chiaro e comprensibile, dal quale emerga appunto tutto ciò, tutte le informazioni necessarie che riguardano il trattamento;
  • il terzo requisito è la specificità, il consenso deve essere specifico, specifico vuol dire che deve essere prestato per ognuna delle finalità del trattamento. Quindi se il trattamento persegue una finalità è specifico di fronte a quella finalità, se il trattamento persegue più finalità individuate dal titolare del trattamento allora il consenso deve essere prestato per ciascuna di queste finalità che il titolare intende svolgere. Il consenso deve essere specifico perché il soggetto interessato deve avere la possibilità di raffigurarsi tutti quelli che potranno essere gli effetti scaturenti dal suo consenso;
  • il quarto elemento è che il consenso deve essere libero. Libero vuol dire che il consenso deve essere prestato in assenza di qualsiasi forma di condizionamento.

Ora possiamo spendere a livello strettamente tecnico-giuridico qualche parola su questo consenso e in particolare sulla natura del consenso perché come abbiamo detto la protezione dei dati personali è un diritto fondamentale. E i diritti fondamentali sono diritti che noi riteniamo diritti assoluti, diritti indisponibili, diritti intrasmissibili, diritti imprescrittibili. Quindi sono i diritti quanto più fortemente riconosciuti alle persone in quanto tali. In questo senso, visto che la protezione dei dati personali è un diritto fondamentale, alcuni autori (il tema è aperto e ci sono diverse prospettive), hanno ritenuto che il trattamento dei dati, anzi il consenso al trattamento dei dati, non ha una valenza dispositiva. Perché? Perché non riguarda una proprietà di cui si dispone e che quindi si cede ma riguarda la persona. Il consenso dell’interessato ha un riferimento che afferisce alla persona in modo costitutivo e quindi il consenso può essere una autorizzazione, può essere un atto di autorizzazione, ma non può avere valenza negoziale come se fosse un contratto e quindi il titolare del trattamento è vero che è legittimato a trattare i dati perché c’è stato il consenso, però i dati secondo questa logica continuano ad essere della persona che ha prestato il consenso. Quindi non c’è una cessione in senso stretto perché i dati col fatto che afferiscono alla persona in modo proprio costitutivo e che afferiscono alla sua sfera personale allora rispetto a questi dati non viene meno la relazione di appartenenza a colui che presta il consenso e quindi l’atto di autorizzazione in questo senso sarebbe un atto che ha il risultato di rendere lecita un’attività che altrimenti sarebbe illecita. D’altra parte ci sono invece altri autori, altri giuristi della dottrina che invece sostengono che il consenso abbia una valenza negoziale, quindi che il dato sia qualcosa che io cedo come cedo un bene. Quindi si parla in questo senso di reificazione dei dati perché io come cedo un bene ceodo i miei dati personali e quindi nel momento in cui presto il consenso cedo i miei dati che entrano nel mercato e circolano nel mercato in quanto beni suscettibili di una loro valutazione economica che quindi poi seguirà le regole del mercato.

Torniamo Regolamento e a tutto ciò che riguarda l’importanza del GDPR proprio come strumento per superare una legislazione nazionale frammentata nell’Unione Europea e quindi poi per superare i profili di incertezza rispetto alla protezione, alla circolazione di dati. Con lo strumento del Regolamento siamo arrivati alla possibilità di incentivare lo sviluppo e la diffusione dei mercati digitali in Europa in generale nell’ottica di creare un po’ quello che è un clima di fiducia rispetto a una circolazione di dati per i cittadini dell’Unione europea. Il GDPR in ciò rende effettivamente chiaro il cambio di mentalità proprio perché la direttiva europea del 95 era una direttiva che aveva una concezione un po’ più statica della protezione della privacy mentre appunto con il Regolamento andiamo verso una considerazione dinamica. Quindi una tutela non solo in riguardo all’utilizzo delle informazioni che ci riguardano e che quindi noi possiamo permettere con il consenso, ma una tutela dinamica proprio perché l’interessato può in qualche modo seguire i dati, seguire la circolazione dei dati che lo riguardano e quindi intervenire a propria protezione in ogni fase della della circolazione che avviene chiaramente sulla Rete. E tornando appunto al GDPR notiamo come questa forma di tutela è tanto significativa che addirittura ci permette di tutelare i nostri dati personali non solo come dicevamo prima nei confronti in generale dei titolari che possono essere soggetti pubblici e soggetti privati ma addirittura a proteggerci dai titolari indipendentemente da stretti limiti territoriali. L’applicazione territoriale del regolamento, che è indicato all’articolo 3 del GDPR, è particolarmente interessante perché l’ambito di applicazione va oltre l’Unione Europea. Quindi, anche se abbiamo un provvedimento normativo UE, abbiamo una tutela che va oltre i confini dell’Unione. L’unica cosa che rileva, quindi, non è il luogo in cui avviene il trattamento dei dati, ma il luogo in cui è stabilito il titolare del trattamento oltre che l’interessato chiaramente, perché se io tutelo con la mia normativa un interessato ovviamente sto parlando del cittadino europeo quindi del cittadino dell’Unione europea e degli Stati membri dell’Unione europea. Però se il cittadino da tutelare europeo e il titolare è stabilito nel senso fisico proprio nell’Unione europea allora io potrò tutelare, potrò esercitare tutti i diritti che sono riconosciuti dal GDPR e potrò imporre al titolare tutti gli obblighi che sono imposti dal GDPR, anche se il trattamento poi avviene fuori dall’Unione europea. Per quanto riguarda gli obblighi imposti ovviamente la tutela sta nel fatto che il titolare che non si dovesse conformare agli obblighi imposti sarà soggetto alle attività del Garante della protezione dei dati personali. Grandi piattaforme digitali o comunque grandi poteri privati, grandi imprese, sono costantemente oggetto di attenzione nella loro attività da parte dei garanti nazionali della protezione dei dati personali, perché poi spesso un singolo cittadino non ha nemmeno gli strumenti per rendersi conto di come i suoi dati sono stati trattati e quindi a questo punto l’attività svolta dal Garante è estremamente rilevante, estremamente significativa a tutela della collettività perché possono poi condurre a delle sanzioni pecuniarie di importi estremamente elevati che costituiscono poi l’unico vero disincentivo alla violazione degli obblighi del GDPR. 

Se è fondamentale, infine, per l’applicazione del GDPR lo stabilimento del titolare nell’Unione europea ci sono casi addirittura in cui non si applica nemmeno questa regola e quindi la disciplina del GDPR si applica anche in mancanza dello stabilimento nel territorio dell’Unione Europea da parte del titolare e questi casi sono due e sono il caso in cui il trattamento di dati personali riguardi l’offerta di beni o la prestazione di servizi agli interessati, anche se l’offerta di beni o la prestazione di servizi avviene in mancanza di un corrispettivo. E poi la seconda ipotesi è quella in cui le attività di trattamento dei dati personali riguardino il monitoraggio dei comportamenti tenuti dagli interessati e ciò ha valore principalmente in tutti quei contesti di trattamento che utilizzi tecniche di profilazione, tecniche di tracciamento delle persone fisiche e che quindi siano delle tecniche che, profilando, tracciando le persone, permettano poi ai titolari del trattamento di adottare delle decisioni riferite a queste stesse persone, analizzare i loro comportamenti, prevedere le loro preferenze che possono essere le loro preferenze di consumo ma anche le loro preferenze personali, in tutti questi casi la portata applicativa del GDPR riguarda addirittura i titolari che non siano stabiliti nell’Unione europea. Questo è un elemento molto caratteristico della legislazione europea che segna la forza di questo strumento di regolazione di cui si è dotata l’Unione nel 2016, secondo una logica per cui se le informazioni, i dati personali delle persone possono circolare come avviene tramite internet a livello globale, allora anche la protezione che voglio fornire ai miei cittadini va oltre i miei limiti territoriali e cerco di estenderla il più possibile anch’essa a livello globale. È un aspetto di attenzione alla privacy estremamente significativo ed esteso e tale aspetto tra l’altro lo ritroviamo anche in quella essere la definizione del dato personale perché la definizione del dato personale è molto ampia. Perché se dico che è qualsiasi informazione con cui posso identificare una persona fisica, con questo sto dando una nozione molto ampia perché qualsiasi informazione vuol dire che se l’informazione la trovo cartacea, informazione alfabetica, numerica, acustica, fotografica, qualsiasi tipo di informazione qualunque sia la forma in cui l’informazione mi viene espressa e attraverso qualsiasi di queste informazioni posso identificare una persona e quindi tutte queste informazioni sono un dato personale, è una nozione estremamente ampia. E qual è la logica, la logica è la stessa di prima quindi così come estendo il più possibile a livello territoriale con una nozione così ampia di dato personale, pure posso estendere la tutela il più possibile perché mi permetto come legislatore europeo, di individuare in futuro tutta una serie di nuove situazioni che nel 2016 non posso considerare perché magari nel 2016 io conosco un livello di raggiungimento delle tecnologie tale per cui posso immaginarmi certe situazioni di tutela, invece così riesco a permettere un’evoluzione dell’applicazione GDPR anche attraverso le nuove situazioni che l’evoluzione tecnologica mi presenterà. Quindi una nozione di dato elastica, un nozione di dato onnicomprensiva e quindi idonea ad adeguarsi poi a tutte le situazioni che in futuro toccheranno la sfera dei dati personali delle persone fisiche perché le innovazioni e tutte le modalità con cui si permette il trattamento dei dati è in costante evoluzione. Pensiamo ora a tutto quello che ovviamente toccherà questa materia la prossima l’entrata in vigore del regolamento sull’intelligenza artificiale. Un tema completamente nuovo ma che costringe il legislatore ovviamente a stare al passo con l’evoluzione tecnologica e quindi queste nozioni ampie e poi questa portata territoriale anche particolarmente estesa permette di far fronte il più possibile all’esigenza di tutela: l’esigenza di tutela della persona che si affianca al bilanciamento degli interessi del mercato legato ai dati personali.